Sto tornando ora da Torino, dove sono rimasta per quattro giorni in occasione del Salone Internazionale del Libro. Ovviamente, ne ho approfittato per vedere la città, per piangere a Superga, per ammirare lo Stadio Filadelfia, chiuso ancora per pochi giorni.
E mentre torno comincio a sentire la preoccupazione del ritorno.
Questo viaggio è stato assurdo, a partire dall'avere dimenticato il telefono per arrivare al sopportare la città in festa per la vittoria dello scudetto della mia squadra nemesi, ma sono stata bene. Davvero bene.
Ho provato un sollievo al cuore che non provavo da tanto, che pensavo non avrei potuto percepire in questo periodo che, siamo sinceri, di sollievo non ne ha proprio.
Ho potuto mettere in stand-by le mie preoccupazioni e preoccuparmi solo della persona a cui penso di meno normalmente: me stessa. E allora poco importa delle difficoltà del viaggio, di centellinare le spese o di prestare attenzione alle vie che si intraprendono: l'unica cosa importante è che posso stare bene, nient'altro importa. Anzi, ho proprio voluto in questi giorni regalarmi tutto ciò che mi aiutasse a essere felice, per una volta spensieratamente felice.
E ora torno a casa, e un po' di ansia mi coglie, ma sono almeno certa di aver vissuto in questi giorni. E non rimpiango nulla, anche se domani ho un esame per cui forse avrei dovuto studiare in questi giorni, ma non mi importa, perché viaggiare, ancora una volta, mi ha salvato la vita. E se c'è qualcosa che continuerò a fare sarà proprio questa: incontrare persone, scoprire luoghi, regalarmi incontri con persone che condividono le mie stesse passioni ed evadere ogni qualvolta il mio cuore lo richieda.
Perché viaggiare mi salva la vita. E nient'altro importa.
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