mercoledì 28 dicembre 2011

Come mi sento ad aver pubblicato un libro?

Da quando sono una scrittrice, o meglio, da quando ho pubblicato il mio primo libro, un’infinità di persone sono venute a chiedermi: « Come? Come ci si sente? »
Ecco, apro questo post per dirvi che… semplicemente non lo so nemmeno io.
Avevo immaginato tante e tante volte quel momento, quando avrei visto il mio nome sulla copertina, e le mie reazioni possibili erano pianti, lacrime, balbettamenti, salti di gioia, cose di questo tipo.
Non è stato così, devo essere sincera.
Quando ho visto il libro e l’ho tenuto in mano, con il mio nome a caratteri cubitali in evidenza sopra al titolo, mi sono sentita male: una specie di nodo allo stomaco.
E poi la consapevolezza: sono una scrittrice. Non mi sono mai sentita più euforica in vita mia, andavo in giro a testa alta, orgogliosa; anche se nessuno tranne me ancora sapeva, presto avrebbero capito il perché.
Realizzazione. Ho realizzato un sogno, un sogno che porto dentro da quando ero piccola, che porto dentro tuttora. Ho innalzato il primo scalino di una lunga serie che spero di poter porre avanti nella mia vita, perché niente mi ha mai resa così orgogliosa di essere me stessa.
Dopo anni di brancolamenti al buio – in cui non sapevo ritrovare me stessa, in cui non avevo idea di cosa fare, di come sentirmi; in cui ero semplicemente vuota – mi sono ritrovata ad amare la mia vita, ad amare me stessa, per la prima volta.
Ero morta e ora sono viva.
E vivere, respirare, giocare, sorridere sono le cose più belle che possano mai capitare.
“Solo per sognare” non è più solo per sognare, è per iniziare a realizzare il mio sogno.
Sono arrivata in fermata dell’autobus alla mattina con un sorriso a trentadue denti e il libro – la prima copia – in mano, un po’ nascosta.
Le prime persone a cui ho mostrato quel nome – in realtà a cui l’ho sbattuto letteralmente in faccia – dal vivo sono state Loro, e credo che aver visto i loro occhi illuminarsi esattamente come avevano fatto i miei sia uno dei ricordi più belli che avrò per il resto della mia vita.
E poi le telefonate, i messaggi, i rimproveri dagli amici del genere: “Perché non me l’avevi detto?!”, le congratulazioni, le prime ordinazioni…
Questo è il mio mondo. Ne sono certa ora più che mai, perché non sono mai stata così felice, così spensierata, così a mio agio; per lo più mi sentivo un pesce fuor d’acqua che arrancava per vivere nell’ambiente che si ritrovava attorno. Non sono mai stata capace di respirare veramente e di godere dell’ossigeno che entrava nei miei polmoni. Nessuno mi ha mai vista veramente felice, prima di quel momento: sono sempre stata una fontana molto prolifica. Perché facevo fatica a sopportare tutto quanto, perché dovevo sfogare la mia solitudine, il mio non appartenere al mondo, con le lacrime.
Ora sfidami. Sfidami, ora che ho trovato il mio posto, sfidami, ora che sono me stessa, sfidami, ora che vivo.
Sfidami a piangere.


Solo per sognare
Erica Gatti
Casa editrice: Tredieci
Collana: Senza confini
ISBN: 9788883882043
Pagine: 138
Prezzo: 7,00€

venerdì 9 dicembre 2011

Hai cominciato a crederci?

« Destino ».

« Hai cominciato a crederci? »

« Ho cominciato a sperarci » spiego, abbozzando un triste sorriso. Le lacrime ancora mi sovrastano e non riesco a distogliere lo sguardo da David e Suzanne. Le parole mi risuonano nella mente come ripetute all’infinito: ho cominciato a sperarci.
Quando ero piccola mia madre una volta mi aveva spiegato che il Destino lo aveva inventato l’uomo per attribuire le proprie colpe a qualcosa di più grande ed incontrollabile. Una divinità trascendibile come il Destino era il capo espiatorio di ogni incidente, di ogni sfortuna, di ogni fallimento. « Colui che crede nel destino » mi aveva detto, mentre si legava i capelli rossi in una trasandata coda, « ha trovato il modo di non darsi la responsabilità di nulla. Ogni suo errore viene da quest’ente soprannaturale e nessuno può far nulla per impedirlo. Quindi, perché sentirsi in colpa? »
Aveva anche detto che chi ci credeva era un codardo, ma io non credo di esserlo. Io spero che esista solo per non sentirmi inadatta, ancora una volta. Lo spero perché se il Destino esiste sul serio allora io non sono mai appartenuta a David, non era stato Scritto che ci amassimo. Non è che lui non mi ami perché io ho sbagliato, perché non ho fatto le cose corrette, non sono stata abbastanza simpatica o seducente, ma perché semplicemente non sono quella giusta. Quella giusta è Suzanne.                                                                                                                                      
{ Tratto da "Destiny", capitolo 24.

Eccomi qui. 
Mi chiederete perché ho iniziato riportando questo pezzo; forse perché voglio farvi conoscere un po' anche di cosa può parlare Destiny, ma in particolare perché oggi mi sono resa conto di quanto alcune cose combacino con i miei pensieri.
Non credo nel Destino personalmente ma a volte vorrei: chi non vorrebbe dopotutto avere una scusa per dire che le cose non vanno come ci si aspetta o come si spera semplicemente per un'ente trascendente? Non ci sarebbe più la responsabilità, ciò che accade non è conseguenza delle nostre stesse azioni, ma semplicemente perché è già deciso che deve essere così.
Eppure non posso credere al Destino, e la colpa continua a graffiare le pareti del mio cuore.

domenica 4 dicembre 2011

Perché "Destiny"?

Destiny.
Tutti potrete capire cosa significa: Destino.
Le lezioni di filosofia mi hanno portata a riflettere sul Destino, e prima che potessi rendermene conto mi ero già creata un mondo tutto mio, dove il Destino governava tutto.
Così è nata Lysen, la città dove ora trascorro la maggior parte della mia vita.
È nata Eleanor, la mia protagonista.
E piano piano è nata la trama di una saga di quattro libri, a cui sto dedicando anima e corpo.


Perché quindi questo blog? 
Per poter condividere le mie storie e le mie fanfictions; ma soprattutto per dare spazio a questo mio progetto.
Perché Destiny è tutto per me.