sabato 8 ottobre 2016

Monologo.

L'8 ottobre di sette anni fa ricevevo la notizia che avrebbe portato alla stampa del mio primo libro. Iniziò tutto allora, oggi non mi sembra vero di essere qui.

La passione per la scrittura è una specie di mostro. Un virus che ti contagia inguaribilmente, quando ne sei affetto è come se nient'altro importasse più, non allo stesso modo. O almeno, questo è sempre stato per me, sin da quando ero bambina.
Avevo otto anni e volevo fare la scrittrice. Qualcuno sorrideva alle mie parole ingenue, come se fossero desideri infantili destinati a non avverarsi mai - ed erano dolci, per questo. Ma io ne ero convinta.
Quando ho compiuto quattordici anni e ho continuato a dire che volevo diventare una scrittrice, le persone hanno smesso di sorridere. I loro occhi sembravano dire, a quel punto: «Oddio, è malata!» e io in un certo senso mi sentivo proprio così. Circondata da persone che volevano fare gli avvocati, i dottori, gli ingegneri, gli architetti... ma io volevo scrivere. Io volevo le parole, al centro della mia vita.
Una passione come altre, mi ripetevo, eppure c'era sempre chi mi riportava con i piedi per terra, spronandomi a inseguire altre vie, più sicure, più redditizie, più. Non sentendomi compresa, cominciai a scrivere in gran segreto. Come se fosse un peccato, sprecare tutto quell'inchiostro blu su così tanti fogli di carta. Ma ci credevo davvero e non ero abbastanza ambientalista per smettere di sognare.
Cercarono continuamente di farmi desistere, smontando i miei progetti mattone dopo mattone, accusandomi di "perdere tempo" dietro ai libri e a tutte quelle parole, criticando i miei elaborati per farmi credere che non ne valesse la pena. E più di una volta tentai di allontanarmi dalla scrittura per essere come tutti gli altri, per essere come mi volevano. Ma alla fine soffrivo e ritornavo inevitabilmente a farmi coccolare da quel bellissimo e spaventoso mostro. 
Sempre più nascosta.
Col passare degli anni facevo leggere alcune mie storie solo a un'amica; il resto lo tenevo per me. Qualcosa pubblicavo online, dove avevo scoperto un mondo in cui non ero da biasimare per il mio sogno, e qualcuno addirittura credeva ciecamente in me e nel mio talento. E ora grazie a questo mio nascondermi sul web sto realizzando nuovamente qualcosa di importante.
Solo per sognare era un traguardo immenso: ero poco più che bambina e il mio nome in copertina era l'emozione più grande che avessi mai provato. Non fui sostenuta molto, ma era l'inizio. Poi Fragmenta cordis, pubblicazione vinta quasi per caso, e infine l'anno scorso Destiny, un progetto in cui avevo riversato anni di fantasie e studi filosofici, che è stato accolto con grande entusiasmo.
Ora sta per arrivare il turno di Contaminati. Qualcosa di diverso. Un genere su cui volevo cimentarmi da sempre, ma non credevo di esserne capace. Sofia, la mia co-autrice, fu entusiasta di collaborare con me; ci completavamo a vicenda, ci compensavamo. Scritto quasi per scherzo, uscì qualcosa di unico, ed ero molto fiera del lavoro fatto. Sognavo di vederlo in libreria da anni. E sta per capitare per davvero.
Per la prima volta potrò vedere un mio romanzo in libreria. Un volume con il mio nome tra gli scaffali. Il lavoro di una vita, tra poco più di un mese, sarà lì a guardarmi, ad aspettarmi.
Ho sacrificato tanto per la scrittura, da sempre. Sicuramente almeno due relazioni, qualche amicizia, studio, tempo, affetto, sonno. Ho bruciato tutto ciò che ritenevo fosse sacrificabile, perché ero felice, scrivendo. L'ho fatto volentieri, anche se spesso mi chiedevo se ne valesse realmente la pena. Era davvero necessario preferire la scrittura alle amiche, al ragazzo, alla famiglia, al tempo libero? Era davvero necessario togliere il sonno, lo studio, gli svaghi?
La risposta è sempre stata sì. Nonostante tutte le sofferenze, i tentennamenti, la paura, la rabbia, la disillusione, è sempre . Non mi sento viva in nessun altro modo. Non mi importa il riconoscimento, né la vita al di fuori: il centro della mia vita sono ancora le parole. Tracciate con l'immancabile inchiostro blu.
Credo ancora di poter rinunciare a qualsiasi cosa, se posso scrivere.
Sono quattordici anni che inseguo questo sogno e me lo voglio tenere stretto. Ci ho messo un po' a capirlo, ma finalmente so che nessuno che non sia io può fermarmi.
E io non ho intenzione di farlo: io voglio essere felice.

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